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4 Pregiudizi e luoghi comuni da sfatare sullo Psicologo!

1- “IO DALLO PSICOLOGO NON CI VADO, MICA SONO MATTO!”:

ancora oggi il luogo comune più grande è che andare dallo Psicologo significa essere matti. Niente di più falso. Come abbiamo visto sopra, rivolgersi allo Psicologo significa semplicemente prendersi cura di sé chiedendo aiuto a un professionista competente. La sofferenza è una reazione “sana” - significa che manteniamo il contatto con la realtà di fronte a prove anche dure che la vita ci sottopone (pensiamo a un lutto, un incidente, la rottura di una relazione importante, il fallimento di un progetto ambito …) – ma è necessario esser consapevoli che un dolore o una difficoltà che persistono troppo a lungo molto probabilmente non passeranno da soli, piuttosto si potrebbero cronicizzare. Se il “fai da te”, i consigli di parenti e amici, i suggerimenti e gli aiuti del medico non hanno funzionato, generando un appuntamento quotidiano con il malessere, è una scelta responsabile chiedere aiuto, per evitare che questa sofferenza finisca per ripercuotersi e condizionare pesantemente la vita di tutti i giorni. Cercare l'aiuto di un professionista è invece sinonimo di forza di volontà, di voglia di vivere la vita e di viverla al meglio.

2- “UNO STRIZZACERVELLI? AIUTO, ALLORA DEVO STARE ATTENTO A COME PARLO!”:

il professionista che alla innocua domanda “che lavoro fai?” risponde di fare lo Psicologo spesso si sente ribattere fuori dal contesto lavorativo qualcosa del tipo “mmm allora adesso mi analizzi ogni volta che parlo!”. Questo luogo comune è scioglibile solo se si inizia a pensare che lo Psicologo, così come l’avvocato, l’ingegnere, il meccanico, ecc è una persona che, proprio come gli altri professionisti, lavora solo quando è sul posto di lavoro e ha davanti un cliente, cioè una persona che gli chiede un servizio. Questo significa che quando è in altri contesti, con gli amici al bar, con la famiglia in vacanza o col fidanzato lo Psicologo non sta lavorando e quindi ciò che dice in questi contesti non lo dice per “analizzare” qualcuno, ma semplicemente perché è una persona e si esprime come tutti.

P.S. la parola “strizzacervelli” non rende giustizia al lavoro svolto dallo Psicologo perché lo Psicologo non “strizza il cervello” di nessuno cioè non è pagato per fare “lavaggi di cervello” a qualcuno né tantomeno per convincerlo di qualcosa. È la persona che si rivolge allo Psicologo a scegliere su che cosa vuole lavorare ed è lei che ha il potere di cambiare ciò che vuole cambiare della propria vita, lo Psicologo la aiuta a stare sulla strada che lei decide di prendere e ogni cambio di direzione è deciso da tutti e due sempre e comunque.

3- “SE PERFINO TU CHE SEI PSICOLOGO SOFFRI O STAI MALE PER QUALCOSA,

ALLORA CHE PSICOLOGO SEI?”:

secondo questo forte luogo comune chi fa di mestiere lo Psicologo non può e non deve soffrire, essere triste o star male per qualche situazione “perché altrimenti come fa a fare lo Psicologo??”. Sembra banale, ma è ovvio che se una cosa del genere fosse vera, allora, pur di non soffrire, tutti vorremmo essere psicologi! Così non è, ovviamente. Anche lo Psicologo, per fortuna, è un essere umano, il che vuol dire che non è immune alle sofferenze che la vita offre. Ho detto per fortuna non a caso: proprio come il chirurgo usa il bisturi per operare, lo Psicologo usa sé stesso per lavorare. Che vuol dire usa sé stesso? Vuol dire che quanto più sofferenze ha attraversato nella sua vita, tanto più potrà usare sé stesso come risorsa viva per aiutare l’altra persona.

Per lo stesso motivo fa parte della formazione di ogni buono Psicologo e di ogni buono Psicoterapeuta sottoporsi a una Psicoterapia personale: il professionista che ha già sperimentato cosa vuol dire lavorare su di sé, è capace di accompagnare l’altro nell’attraversamento della sofferenza, proprio perché, avendo lavorato sulla propria, non ha bisogno di negarla ma può ri-conoscerla.

"...Non crediate che colui che tenta di confortarvi, viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene. ... Se fosse altrimenti egli non avrebbe potuto trovare quelle parole" (R.M. Rilke).

4- “LO PSICOLOGO? ROBA DA RICCHI!”:

sfatiamo il mito che per permettersi di andare dallo Psicologo, cioè per prendersi cura di sé, bisogna essere ricchi. Questo è un altro luogo comune con cui si tende a giustificarsi quando si parla di cura e costi. Ma a ben guardare possiamo dire che questa giustificazione è più un modo di non assumersi la responsabilità del proprio benessere, che non un fatto reale legato al fantomatico onorario. È bene sapere infatti che il tariffario dello Psicologo non è affatto rigido, sia perché varia in base al tipo di prestazione richiesta, e sia perché l’onorario è parte integrante del contratto che il cliente stipula con lo Psicologo al momento del primo colloquio e quindi è flessibile. Chiarito che andare dallo Psicologo è qualcosa che ognuno, se vuole, si può permettere, la vera domanda da porsi è questa: sono disposto a spendere per il mio benessere, la mia tranquillità, e quella dei miei cari? Laddove “spendere” non è solo il pagare l’onorario dello Psicologo, ma è dedicare spazio, tempo, energie, volontà ed impegno alla comprensione e allo scioglimento dei nodi della propria vita.

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