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Il tagliando emotivo: psicoterapia e rinnovamento


La psicoterapia è un viaggio all’interno di sè stessi. Come ogni viaggio cambia a seconda di come la persona che lo intraprende vuole viverlo.

Ci sono diversi tipi di viaggiatori. Almeno tre:

  • il viaggiatore previdente, che ama decidere prima di partire l’itinerario, informarsi in anticipo sui luoghi da visitare, sulle mete da non perdere, sui cibi tipici da assaggiare, è organizzato e deciso a riempire le sue giornate con tutto ciò che ha pregustato prima di partire

  • il viaggiatore comodo che ama viaggiare largo, veste abiti che permettono al corpo di muoversi liberamente senza troppi elastici e fronzoli scomodi, visita i posti con lentezza come se volesse raccogliere in quella sosta tutta la bellezza di ciò che ammira, non ha orari fissi e non ama troppo le guide turistiche, preferisce scegliere con calma quando uscire dal tranquillo rettilineo su cui si è incamminato per godersi di tanto in tanto qualche paesaggio a sorpresa

  • il viaggiatore esploratore che porta con sè il suo kit di sopravvivenza per le emergenze sicuro di sapervi far fronte se fosse necessario, ama i percorsi sterrati, impervi, a guidarlo è la convinzione che dopo la fatica di aver scelto la strada più scomoda sarà ripagato da una vista mozzafiato, una vista per cui è valsa la pena faticare un pò di più

Ognuno di noi ha dentro di sè qualcosa di tutti e tre questi tipi di viaggiatori, e qualche sfumatura che lo avvicina di più all’uno o all’altro.

Allo stesso modo ognuno di noi ha dentro di sè il suo personale modo di avvicinarsi a un percorso terapeutico.

A partire da come sceglie di cercare un terapeuta (su inernet, sulle pagine gialle, attraverso il passaparola, attraverso la conoscenza diretta, etc.), per proseguire con come sceglie di contattarlo per la prima volta (attraverso una chiamata, attraverso whatsapp, attraverso un sms, etc.), e ancora con come sceglie di affrontare il primo appuntamento (arrivando già con un discorso in testa su cosa dire, arrivando con la testa piena di pensieri o sgombra, arrivando con una domanda chiara o da definire, etc.), e ancora con come sceglie di fissare il secondo appuntamento (alla fine della prima seduta, chiedendo di richiamare in settimana, stabilendo un proprio giorno dedicato alla terapia-time, etc.).

Così il modo in cui la persona si avvicina al suo viaggio dice qualcosa di lei/lui, dice qualcosa su quello che cerca da quel viaggio (almeno potenzialmente), lascia immaginare scenari che poi terapeuta e persona/paziente/cliente vivranno forse insieme nella seduta.

Forse. Perchè l’unicità di ogni persona è tale che a volte la prima impressione è solo la prima impressione.

A volte la persona sembra avvicinarsi a un esploratore convinto di voler superare gli ostacoli più oscuri pur di approdare a una grande scoperta su di sè e poi nel corso delle sedute scopre insieme al terapeuta di voler riposare, di voler iniziare a viaggiare finalmente comodo permettendosi di appoggiarsi per allentare l’adrenalina.

A volte invece la persona si vive come un viaggiatore comodo e scopre che l’esplorazione la spaventa e la incuriosisce insieme, in alcuni momenti sceglie di avventurarsi e in altri invece gode del panorama raggiunto senza sentire di stare perdendo tempo nel farlo.

Altre volte la persona si autodefinisce un viaggiatore previdente e organizzato e può accadere che lungo il percorso scopra di sentire che non sempre prova piacere nel comportarsi come tale. Allora può decidere di cambiare qualcosa in quello che fa, aggiustando il tiro su quale tipo di organizzazione vuole o non vuole più seguire per sè stesso.

Ecco, fuor di metafora questo discorso ci porta a guardare a un fatto: le persone che

vanno in terapia a volte credono già di sapere cosa stanno cercando. In realtà spesso quello

che stanno davvero cercando per la propria vita lo scoprono nel corso delle sedute e

magari scoprono che vogliono qualcosa di diverso da quello che credevano all’inizio.

E' l’esperienza che li guida ..se si lasciano guidare!

T. Bene, allora questo è il nostro ultimo incontro. Che effetto ti fa salutare me e il tuo percorso?

P. Strano…

T. Strano come?

P. Come se avessi tanto camminato, conquistato mi sento fiero, padrone di me e un pò mi

dispiace andare via

T. C’è un pò di coraggio e un pò di timore?

P. Si

T. Se immaginassi un paesaggio in questo momento che paesaggio vedi?

P. Vedo una strada larga e spaziosa, io sono l’auto che la percorre, vado sprint, ho anche lucidato la carrozzeria, sembro nuova! Mi piaccio!

T. Sento energia mentre lo descrivi

P. Anch’io. Beh, allora ci vediamo al prossimo tagliando!

E‘ così! I pazienti a volte insegnano che i tagliandi emotivi aiutano a rimettersi a nuovo!

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