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Aggressività: perchè trattenerla e reprimerla fa ammalare il corpo e l'anima?


Innanzitutto il termine aggressività deriva dal latino ad=verso grădi=andare e vuol dire andare verso.

Il significato della parola aggressività rimanda quindi in maniera chiara a un movimento, a uno spostamento, a un gesto verso qualcosa e/o verso qualcuno.


Ricordare questo ci aiuta a comprendere che l’equazione aggressività = atto violento travisa completamente il reale senso dell’aggressività. Vediamo dunque perché questa emozione è così fondamentale per la sopravvivenza umana.


L’aggressività intesa nel senso reale del termine e cioè come andare verso, è ciò che consente alla persona di fare quei movimenti necessari a costruire la propria vita fin dalla prima infanzia:

  • permette al bambino di difendere i propri giochi che metaforicamente stanno a rappresentare il proprio spazio vitale;

  • permette all’adolescente di mettere in discussione le regole familiari sviluppando un pensiero critico che è uno dei fattori fondanti una solida identità personale adulta;

  • permette al giovane adulto di saper distinguere cosa lo nutre e cosa lo avvelena, cosa lasciar andare e cosa far entrare nella sua vita;

  • permette di costruire confini sani che proteggano il proprio spazio personale dallo spazio degli altri, che consentano alla persona di poter stare in determinati momenti con sé stessa, di potersi difendere dall’intrusione altrui;

  • permette il contatto con il proprio potere personale che è una qualità determinante quando i colpi della vita ci buttano giù rendendo necessario rialzarsi e andare avanti con la propria esistenza;

  • permette il contatto con la spinta ad affermarsi e a portare avanti un progetto superando ostacoli e barriere;

  • permette di conoscere perché per avvicinarsi allo spazio dell’altro c’è bisogno di andare verso di lui/lei;

  • permette lo scambio intimo perché il permesso di entrare nella sfera dell’intimità possiamo guadagnarlo solo se ci avviciniamo allo spazio personale dell’altro e l’altro acconsente di aprirci la porta;

  • permette di sostenere la propria posizione in una situazione di discussione o di attacco senza sacrificare i propri bisogni individuali.

Perls nel testo “L’Io, la fame, l’aggressività” si sofferma sulla funzione dell’aggressività nella vita e ne fornisce una eccellente visione facendoci cogliere il legame esistente con la fame, accomunando le fasi della consumazione del cibo con il nostro assorbimento mentale del mondo.


In che senso?


L'assimilazione è centrale nello sviluppo della personalità e nella auto-realizzazione personale. È per questo che ogni materiale estraneo introdotto nella personalità se non è propriamente metabolizzato e assimilato dalla personalità stessa, può essere di ostacolo al suo funzionamento. Questo vale sia per la fame fisica che per la “fame mentale” perché le persone non si cibano solo di prodotti alimentari ma si cibano anche di pensieri, immagini, emozioni, che costituiscono un cibo mentale.


Il processo dell’assimilazione di cibo (fisico o mentale) implica diversi passaggi e Perls li descrive differenziando lo sviluppo dell'istinto della fame in vari stadi:


  1. stadio pre-natale (prima della nascita): l'embrione riceve il cibo attraverso le vie della placenta e del cordone ombelicale, i cibi vengono distribuiti ai tessuti senza che il feto debba compiere alcuno sforzo;

  2. stadio pre-dentale (succhiare): compare il morso per attaccarsi;

  3. stadio incisivo (mordere): spuntano i denti frontali che sono i primi mezzi per attaccare cibo solido, i seni materni diventano per il bambino una "cosa" da mordere. Più l'attività del mordere è inibita, più il bambino identificherà il mordere con il ferire e l'essere feriti e svilupperà un uso insufficiente dei denti frontali: un'incapacità generale di far presa nella vita, di affondare i denti in un compito;

  4. stadio molare (mordere e masticare): la masticazione, frantumando il cibo e trasformandolo con la saliva in una poltiglia fluida, permette una corretta digestione.


La fame per il cibo mentale e emozionale si comporta come la fame fisica:

le persone che inghiottono cibo solido senza avere la pazienza di masticarlo, non prendono tempo sufficiente per "masticare" il cibo mentale e non sviluppano la capacità di elaborare qualcosa, né di tollerare un'offesa subita.


Prendere consapevolezza di questo è il primo passo per iniziare a guardare ai denti come mezzi per mordere: questa è la funzione biologica dell'aggressività.


Quando non usiamo l'aggressività in questo modo andiamo incontro a svariati problemi relazionali e fisici:


  • rimuginiamo cioè non digeriamo un cibo mentale ingoiato rimasto indigesto;

  • brontoliamo cioè reprimiamo l’aggressività che ritorna alla nostra attenzione sotto questa forma;

  • ingoiamo in blocco un attacco esterno come un corpo estraneo e ci crea un peso allo stomaco o un nodo alla gola;

  • proviamo risentimento cioè non riusciamo a lasciarci andare e a rivolgerci a un’attività o a una persona più promettente;

  • tratteniamo sentendoci in colpa e avvelenando così il corpo che non trova il modo di scaricare l’emozione e la rivolge contro di sé;

  • sopprimiamo il pianto ostacolando il fluire dell’emozione e andando incontro a un’iper-tensione;

  • siamo iper-obbedienti e prendiamo per buoni tutti i consigli, i pensieri, le critiche che ci vengono da persone care/amici/conoscenti, etc., improvvisamente ci sentiamo appesantiti, sentiamo nausea, bruciore di stomaco, che attribuiamo puntualmente al troppo cibo mangiato a pranzo sentendoci anche in colpa;

  • siamo iper-diffidenti nei rapporti con gli altri e ci mal nutriamo, rifiutiamo qualunque cibo mentale il mondo ci offra impoverendo l’organismo e le sue difese;

  • pur di tenere sotto controllo una situazione o una persona facciamo una cosa che non vorremmo fare e ci sentiamo costretti a farla ignorando il peso che ci crea sullo stomaco;

  • ci viene da vomitare quando subiamo un torto;

  • sviluppiamo quello che Perls chiama l’atteggiamento del succhiotto per cui ci aggrappiamo a qualcosa credendo che ciò sia sufficiente per ottenere di "far scorrere il nutrimento” o la relazione: così ad esempio appena si è conquistato un partner subentra il disinteresse perché altrimenti occorrerebbe "mordere", cioè fare altri sforzi e rischiareallo scopo di rendere nutriente la relazione. La persona si limita aperché salvare il succhiotto equivale a difendersi evitando di affrontare i cambiamenti della realtà.


Tutte queste problematiche hanno a che fare con l’aggressività e la sua gestione. Problematiche fisiche quali l’ulcera, la gastrite, la cirrosi epatica, i calcoli alla cistifellea, la stitichezza, la pancreatite acuta, il reflusso gastroesofageo, sono solo alcune delle modalità fisiche con cui si manifesta un’aggressività che è stata repressa e trattenuta per troppo tempo.


"Non abbiamo imparato niente sulla dinamica dell’aggressività, nonostante l’avvertimento di Freud, secondo il quale le energie represse non solo non scompaiono, ma possono perfino diventare più pericolose e più attive se sprofondano nel sottosuolo della coscienza” (F. Perls)


Le emozioni che non esprimiamo infatti non spariscono, ma si trasformano in qualcos’altro: la differenza tra salute e malattia sta nel fatto che se impariamo a esprimere l’emozione, a masticarla ed assimilarla questa si trasforma in nutrimento, se invece reprimiamo, facciamo finta che non la stiamo provando e la nascondiamo, si trasforma in veleno per il corpo e per la mente.


Ecco perché credere di poter guarire solo curando il corpo attraverso i farmaci è spesso un’illusione: risolto un sintomo, questo si sposta e ne emerge un altro o un insieme di altri a testimonianza del fatto che siamo corpi animati e quindi se vogliamo prenderci davvero cura di noi stessi dobbiamo farlo partendo dalle nostre emozioni.


Esprimere senza danneggiare l’altro è qualcosa che si apprende quando siamo disposti a metterci in gioco, a sentire cosa proviamo e a sentire come lo comunichiamo: la stanza dello Psicoterapeuta può rappresentare in questo senso un luogo dove sperimentarsi nell’espressione emotiva e dove scoprire gli effetti benefici che ha sulle relazioni, su di noi e sul nostro corpo quando impariamo a riconoscerla e gestirla anziché nasconderla.


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