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Autostima: prendersene cura partendo dalle radici


Il termine autostima è entrato ormai nel linguaggio comune, lo utilizziamo per descrivere tante diverse situazioni e spesso quando ascoltiamo qualcuno che ne parla scopriamo che il pensiero comune la concepisce come un elemento che o c’è o non c’è.

In realtà invece l’autostima non è un oggetto, cioè qualcosa di ormai dato e stabile nel tempo, ma è un processo che si modifica continuamente in base alle diverse influenze che lo investono.

Ha radici molto profonde che si legano fortemente con le nostre primissime esperienze di vita: gli apprezzamenti e le critiche ricevuti da bambini, soprattutto dai nostri genitori. Se con le persone che si sono prese cura di noi abbiamo avuto relazioni gratificanti, quel tono emotivo relazionale è rimasto dentro di noi e ri-emergerà quando mettiamo attenzione a noi stessi.

Il colore di cui si è tinta la relazione fa cioè da sfondo al quadro che pian piano nella vita costruiremo di noi stessi e questo influenzerà in maniera più o meno consapevole il disegno che sceglieremo di fare per presentarci al mondo e agli altri.

Il rovescio della medaglia è che se le nostre relazioni con chi si è preso cura di noi erano tinte di messaggi improntati alla svalutazione, del tipo “ma tu cosa pensi di fare che non sei capace!”, “questa cosa lasciala agli altri non è per te”, “te l’avevo detto io”, e così via, sarà molto complesso per quel bambino piccolo o per quella bambina piccola iniziare a credere davvero che anche lui/lei ce la può fare nella vita.

Sarà molto difficile iniziare a credere che anche lui/lei merita un posto nel mondo e che il mondo è un posto in cui tutto sommato si può fare qualcosa di buono e vitale per sé stessi e per la propria vita.

Questo bambino/bambina inizierà verosimilmente a pensare che se perfino i genitori lo/la considerano in questo modo, figuriamoci tutte le persone che girano là fuori, nel mondo!

La sua paura di non avere le carte per giocare la partita della vita si paleserà in molti modi diversi da ciascuno a ciascuno:

[if !supportLists]1) [endif]potrà sviluppare il timore di non essere abbastanza degno/a di amore e attuare inconsapevolmente dei comportamenti che paradossalmente vanno a confermare agli altri questa sua fantasia (mettendo in atto quella che chiamiamo profezia che si auto avvera o effetto Pigmalione);

[if !supportLists]2) potrà sviluppare un atteggiamento autosvalutante a tal punto da anestetizzare quelle che sono le sue qualità, non riconoscendosene lui/lei stesso/a e di conseguenza non utilizzandole andrà a rinforzare questa immagine di sé;

[if !supportLists]3) potrà sentirsi spesso inadeguato/a nei confronti dei coetanei che lo/la invitano a giocare con loro, iniziando a rifiutare i contesti di socializzazione per paura di non essere all’altezza e di essere preso/a in giro dai compagni se non soddisferà le loro aspettative;

[if !supportLists]4) potrà sviluppare un grande senso di inferiorità e vergogna per sé stesso/a che lo/la spingerà per esempio ad arrendersi alle prime difficoltà scolastiche e/o di altro tipo, perché metaforicamente è come se dentro di lui/lei ci fosse qualcuno che invece di tifare per un altro tentativo dice “non vali niente”;

[if !supportLists]5) potrà sviluppare una remissività tale da reprimere le emozioni che sente trattenendole dentro di sé, non riuscendo a manifestare la rabbia e diventando facilmente un possibile bersaglio di quel fenomeno oggi tanto diffuso che è il bullismo anche nella forma più subdola del cyber bullismo (cioè del bullismo messo in atto attraverso internet e i suoi strumenti);

[if !supportLists]6) potrà sviluppare un senso di frustrazione tale da non riuscire più a distinguere che cosa dipende da lui/lei e che cosa non dipende da lui/lei finendo per sentirsi costantemente una vittima che subisce le situazioni;

[if !supportLists]7) potrà sviluppare una forte accondiscendenza pur di ricevere amore dagli altri che non gli/le permetterà di costruire la propria sana assertività e cioè l’abilità a dire di no alle circostanze che non gli/le va di vivere;

[if !supportLists]8) potrà non avere consapevolezza delle sue potenzialità e dei suoi limiti reali non avendo quindi gli strumenti per sapere che direzione prendere nella vita e come proporsi al mondo.

Questo elenco non esaurisce di certo tutte le possibilità esistenziali che un contesto svalutante può favorire. Tutto quello che influenza il modo in cui ci valutiamo nel corso degli anni varia per ognuno di noi. [if !supportLineBreakNewLine] [endif]

Qualunque cosa che abbiamo vissuto però non è mai un destino immodificabile, non è mai una spada di Damocle, non è mai qualcosa che è così e basta. Abbiamo sempre la chiave che apre la porta del nostro cuore per far uscire tutto quello che per tanto tempo abbiamo tenuto serrato come in una cassaforte e iniziare finalmente a usarlo.

La chiave è lì, quello che dobbiamo fare è avere il coraggio di prenderla.

Avere il coraggio di prenderla vuol dire imparare a guardare il nostro/la nostra bambino/a interiore,

accorgerci che lui/lei non se n’è andato crescendo ma che è ancora lì ad aspettare che ce ne prendiamo cura, ora che siamo adulti.

È lì che continua a sentirsi come si sentiva davanti ai genitori, ma il cambiamento è che noi possiamo diventare i suoi genitori e imparare a donargli quello che gli è mancato. I genitori hanno fatto quello che hanno potuto, quello che sono riusciti a mettere insieme nelle loro vite, ora tocca a noi prendere il testimone e diventare genitori di noi stessi.

Questo è un processo lungo, complesso e indispensabile perché la nostra autostima possa svilupparsi, fortificarsi, perché il nostro valore possa diventare un punto di forza da mettere in campo nella vita, perché possiamo iniziare a guardare che ogni nostro limite se ci entriamo in contatto diventa una immensa risorsa che ci spinge avanti.

Accogliere il nostro bambino interno, ascoltare di cosa ha paura, che cosa sente di non avere, che cosa desidera, quali sono i suoi bisogni, quali sono i suoi sogni: tutto questo crea le fondamenta per la propria autostima, un’autostima reale, profonda, solida, che non ha nulla a che vedere con il guardarsi allo specchio e sforzarsi di ridere nell’illusione di sentirsi meglio.

Un’autostima che riparte dalla cura delle ferite presenti sulle nostre radici, che risanandosi diventano un sostegno vero nei momenti di crisi e di difficoltà.

Man mano che il lavoro procede il cambiamento interno della propria autostima creerà degli effetti esterni che saranno visibili anche agli altri.

Imparare a lasciar andare quello che ci danneggia, fare tesoro delle proprie esperienze, godere di quello che si ha, esprimere quello che sentiamo, avere presenti le nostre risorse, i nostri limiti e quello che abbiamo superato per arrivare dove siamo.

In Psicoterapia lavorando su questi elementi si definisce pian piano la nostra cassetta degli attrezzi e si inizia a comprendere come usarli. Ci saranno sempre nella vita dei momenti in cui ci sentiremo vacillare, in cui ci sembrerà di non sapere cosa fare, in cui ci sentiremo indifesi e impauriti. Tuttavia il lavoro psicoterapeutico servirà a comprendere in quali situazioni sentiamo di andare in pezzi, di fronte a chi o a che cosa (autorità, lutti, persone caratterialmente molto diverse da noi, etc.).

La conseguenza di un simile processo è quella di scoprire le proprie qualità, senza darle più per scontate privandole così del loro valore e del potere che hanno. Iniziare a sviluppare compassione e tenerezza per quello che ci limita sarà una risorsa alleata per sviluppare l’abilità a mettersi nei panni degli altri e a giudicare noi stessi e di conseguenza loro molto meno, perché l’appagamento derivante dalla scoperta del proprio intimo valore ci ripaga anche delle nostre deluse aspettative.

Imparare a vedere che tutto quello che ci caratterizza, tutto quello che fa di noi ciò che siamo, può rivelarsi risorsa in certe circostanze e limite in altre, cioè sperimentare che una qualità funziona di meno o di più in base alle situazioni in cui la mettiamo in gioco, ci permette un’altra fondamentale scoperta: che non esistono i difetti e i pregi assoluti, ma esistono atteggiamenti che in un dato contesto sono pregevoli perché ci portano dove desideriamo andare e in altri contesti sono deleteri perché ci allontanano dai nostri obiettivi.

Imparare a sentire come stiamo quando facciamo una cosa piuttosto che un’altra aiuta a orientare la nostra rotta, a tagliare dalla nostra vita ciò che non vogliamo e a tenere ben saldo quello che desideriamo.

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